28 febbraio 2013

Dissidenti a Cuba: ancora su Yoani...

Eccovi un altro articolo che farà stizzire qualcuno di voi, ma che illustra chiaramente come il “fenomeno” Yoani Sanchez stia influenzando arbitrariamente alcuni media internazionali. La blogger cubana quando ha ricevuto il suo passaporto, ha twittato questo messaggio: “Sono felice e triste: ho il mio documento per viaggiare, ma vari amici come Ángel Moya non potranno farlo.” 
Angel Moya è stato arrestato nel 2003 accusato di reati legati alla minaccia della sicurezza nazionale e condannato a 20 anni di carcere, rilasciato nel 2011 è oggi in libertà vigilata. 
Ovviamente non entro nel merito della condanna, non conosco a fondo la vicenda, come nessuno di noi, quindi non posso commentare tale condanna. Bisogna però sottolineare la differenza tra Yoani e Moya, la prima, nonostante apertamente contraria la governo cubano, ha il suo passaporto, a conferma della tolleranza e trasparenza delle autorità, il secondo è in libertà vigilata e come nel resto del mondo, anche in quei paesi che tanto criticano la vicenda, non può avere il passaporto perché sta scontando una pena. 
L’articolo che pubblico di Vincenzo Basile autore del blog Capitulo Cubano spiega in dettaglio la manipolazione dell’ennesima notizia che si può considerare normale amministrazione di uno Stato sovrano nelle proprie vicende interne, trasformandola nell’ennesimo attacco al “crudele regime castrista”. Grazie Vincenzo.



Scandalo mediatico: il regime castrista non permette ai delinquenti di viaggiare 








Lo scorso 14 gennaio, entrava in vigore la nuova legge migratoria cubana che, tra le altre cose, ha eliminato vecchie (e nella maggior parte dei casi solo formali) restrizioni ai viaggi all’estero, come il permesso di uscita o la lettera d’invito, ed ha svelato finalmente la frode mediatica internazionale sul fenomeno migratorio cubano, distruggendo il luogo comune del cubano che fugge dall’Isola e l’idea di Cuba come una prigione a cielo aperto. 



Tuttavia, il fatto che questa frode sia stata svelata non ha implicato la fine della manipolazione informativa contro la Rivoluzione cubana e della distorsione completa della realtà quando si tratta il tema migratorio. 



In tal senso, lo scorso 31 gennaio, media internazionali, praticamente di tutto il mondo, celebravano la notizia più importante del giorno, vale a dire, il fatto che la cosiddetta blogger indipendente Yoani Sánchez aveva ottenuto il suo desiderato passaporto per viaggiare (nascondendo, tra le altre cose, che il ‘vecchio’ passaporto lo distrusse lei stessa nel 2004 quando tornò a Cuba dopo una permanenza di due anni in Svizzera) e si stava preparando per il suo imponente ed economicamente ingiustificabile giro del mondo. 



Ma, ovviamente, come tutto ciò che succede a Cuba, i festeggiamenti sono stati tanto brevi quanto enorme è la crudeltà del malvagio regime castrista che continua a distruggere sogni e ambizioni. Si sa che quando si tratta della dittatura cubana non può esserci niente di buono che fuoriesce dalle sue viscere e che anche le cose che possono apparire favorevoli, in realtà, nascondono solamente enormi inganni e trappole. 


Così, i media che celebravano la libertà di Yoani Sánchez, coglievano l’occasione per ricordare qualcuno che non era stato fortunato come la blogger e che non potrà ottenere un passaporto fino all’anno 2023, il cosiddetto ‘ex-prigioniero politico’ Ángel Moya, sposo della leader delle Damas de Blanco, la volgare e ignorante Berta Soler. 

Bisogna ricordare che Ángel Moya, nel 2003, fu condannato a 20 anni di prigione, nell’ambito di un’operazione delle autorità cubane contro alcuni cittadini colpevoli di reati di minaccia alla sicurezza nazionale e di collaborazione con una potenza straniera e nemica con l’obiettivo di pregiudicare gli interessi dello Stato cubano. 

Nonostante la gravità di questi reati, tra il 2010 e il 2011 -dopo vari accordi tra il governo cubano, il governo spagnolo e la Chiesa cattolica- fu avviato un graduale processo di scarcerazione attraversolicenze extrapenali -di cui beneficiò lo stesso Ángel Moya- in conformità con il codice penale cubano, il che -ovviamente- non implicò l’estinzione della pena, ma solo una commutazione della stessa. 

Considerando tutto ciò, le autorità cubane hanno negato il passaporto ad Ángel Moya per non aver scontato interamente la sua pena, una motivazione che sarebbe considerata logica e normale in tutti i paesi del cosiddetto mondo democratico, dato che a nessun cittadino sarebbe concesso di viaggiare all’estero in presenza di sostanziali ragioni come carichi pendenti, processi penali in corso o servizio militare obbligatorio, tra le altre cose e senza considerar il fondamentale aspetto della sicurezza nazionale. 


Anche se si tratta di motivi evidentemente ragionevoli e che riflettono il senso giuridico comune vigente in tutti i paesi del mondo, i media internazionali hanno usato questo fatto per portare avanti una nuova campagna di diffamazione e discredito contro Cuba, un autentico atto di delinquenza informativa se se considerano le ragioni appena citate. 



Come sempre in questi casi, il punto di partenza sono stati due messaggi su twitter. Il primo era dello stesso Ángel Moya che scriveva: “Funzionaria Castrista mi comunica che per interesse pubblico io sono limitato e non mi possono rilasciare il passaporto”. Il secondo, di Yoani Sánchez, diceva: “Sono felice e triste: ho il mio documento per viaggiare, ma vari amici come Ángel Moya non potranno farlo”. Da qui iniziava la ridicola opera di manipolazione. 



“Yoani Sánchez riceve il suo passaporto ma il regime cubano lo nega al dissidente Moya”, intitolava El Nuevo Herald e aggiungeva: “Moya ha dichiarato che lo scorso mercoledì si è recato all’ufficio passaporti più vicino a casa sua, a L’Avana, ed ha chiesto cosa deve fare per ottenere un passaporto, dato che vuole viaggiare come qualunque cittadino di qualunque paese, forse in Spana o negli Stati Uniti […] La funzionaria di turno ha preso la sua carta di identità, ha consultato un database del computer e gli ha detto che non possono rilasciargli il passaporto perché è limitato per ragioni di interesse pubblico […] La parola ‘limitato’ sembra essere un modo per intendere un nuovo controllo. La ragione, gli hanno detto, è che la sua sanzione non è ancora estinta”. 



Totalmente contrari ad ogni tipo di etica giornalistica erano due articoli simili pubblicati dal quotidiano spagnolo ABC e dal canale digitale di Televisión Española. Il franchista ABC, in termini più sensazionalisti, intitolava “Cuba concede un passaporto a Yoani Sánchez e lo nega ad Ángel Moya”. Entrambi scrivevano, quasi come non si trattasse di una regola prevista da tutte le leggi del mondo, che “il Governo di Cuba mantiene alcune limitazioni dato che può negare la concessione del passaporto per ragioni di «interesse pubblico » o di « sicurezza e difesa nazionale», e molti qui vi vedono -soprattutto settori della dissidenza- un nuovo «filtro» per limitare i viaggi all’estero”; e citavano appunto come esempio il caso di Moya: “Precisamente, per ragioni in «interesse pubblico», il Governo ha negato la concessione del passaporto all’oppositore ed ex-prigioniero politico Angel Moya […] uno dei dissidenti del cosiddetto gruppo dei 75 che furono condannati durante l’ondata repressiva della Primavera Nera del 2003”. 



Infobae intitolava “Nonostante la riforma, Cuba non lascia viaggiare i dissidenti”. Il quotidiano digitale argentino mentiva totalmente quando affermava che “la nuova politica migratoria del regime cubano prevede solo limitazioni per il cosiddetto ‘capitale umano’ della rivoluzione (medici, scienziati, ecc.)” e riproduceva alcune dichiarazioni di Moya che citava addirittura la DichiarazioneUniversale dei Diritti dell’Uomo per difendere il suo diritto a viaggiare: “La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, firmata dal regime cubano, ci garantisce la libertà di entrare e uscire da qualsiasi paese, ma con questa legislazione i Castro hanno mantenuto una serie di requisiti. Solamente determinati cittadini possono viaggiare all’estero” . 


Nel corso degli anni, centri mediatici di tutto il mondo hanno riprodotto l’immagine de cubano che non poteva uscire dal suo stesso paese, dell’emigrante cubano come rifugiato politico che era fuggito dall’Isola-prigione. Ora che non esistono più le vecchie limitazioni, che in realtà erano solo formali e burocratiche, è evidente che questi media stanno cercando nuovi pretesti per portare avanti la manipolazione della questione migratoria cubana. Fino a che punto questo pretesto possa essere trovato in un violento e volgare criminale -come Moya- è difficile da comprendere. Considerando la giustificazione generale e, nel caso di specie, la totale impresentabilità di Moya, gli risulterà abbastanza complicato plasmare il luogo comune del regime castrista che non permette di viaggiare ai suoi… delinquenti.

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