28 gennaio 2013

Cambio a Cuba: crederci, per non morire

foto di Andrea Minichini
In Italia la campagna elettorale si fa serrante e tediosa, come sempre, da quanto io possa ricordare. Stessi discorsi, promesse, accuse… nulla di nuovo. La partecipazione dei cittadini forse sarà inferiore al passato, ma comunque la maggioranza del “civile e democratico” popolo italico persevera nell’illusione di poter decidere chi scegliere come rappresentante politico per riformare, cambiare un paese ormai alla deriva, dove il livello di vita e i consumi dei cittadini sono paragonabili al dopo guerra. Inconsapevoli dell’inutilità delle loro scelte. 


Sentimenti anarchici pervadono la mia anima. Sfiducia totale non solo nella democrazia, parola senza significato, svuotata da qualunque valore civico e morale. La mia sfiducia è nel sistema politico di qualunque colore lo si voglia dipingere. Ho parlato e continuo a sostenere con veemenza del mio credo socialista, nel senso più puro del termine, ma il dubbio dell’utopia si insinua sempre più violentemente nella mia anima. Utopia, futile speranza, inutile desiderio. Non credo che il paese nel quale vivo si possa “riprendersi” dalla crisi che lo sta cancellando. La vogliono far passare come una crisi economica, che con i sacrifici si risolverà ogni problema. La verità è che il sistema capitalista ha divorato il bene comune, ha sottratto la libertà individuale a beneficio di poche famiglie che globalmente sono riuscite a soggiogare popoli, nazioni, interi continenti, con il solo scopo di garantirsi un futuro di potere e sfruttamento indiscriminato della ricchezza dell’umanità. Oggi è il petrolio, il gas, oro e diamanti, nel prossimo futuro sarà il litio, l’uranio e altri minerali preziosi per l’energia. Tra non molto anche l’acqua e l’aria saranno capitalizzate e controllate dalle elite di potere, poco o nulla si può ancora fare. 

Sostengo con tenacia un idealismo socialista che sta sorgendo in America latina, voglio credere che possa essere un’alternativa concreta e sostenibile. In questo disegno si pone anche Cuba. Ma anche qui un immobilismo politico impedisce il decollo, la rinascita. La partecipazione popolare sull’isola è tangibile, ma la snervante lentezza con la quale si muove il pachiderma istituzionale rende difficile sostenere la volontà del cambiamento che prende forma sempre più concretamente, ma con molte fatica, tra le nuove generazioni di “neo-rivoluzionari” nonostante la gerontocratica resistenza di ottuagenari e privilegiati dinosauri in via di estinzione che continuano a controllare con ottusa ignoranza l’incontrollabile, l’indifendibile, l’inutile anacronistico ideale defunto di un sistema politico che ha fallito e che va rivoluzionato a sua volta. 
Ci voglio ancora credere, perché l’alternativa sarebbe arrendersi e così morire.

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