28 ottobre 2012

Riflessioni su Cuba: i maestri se ne vanno

Nello scorso anno scolastico 14.000 maestri hanno lasciato l’insegnamento presentando certificati medici o sollecitando licenze anticipate e 4.000 hanno abbandonato senza giustificazione, mentre l’80% dei posti disponibili nei corsi universitari di pedagogia sono rimasti vacanti.

Di fronte a tale realtà non si può omettere la causa nei bassi salari, nella grande responsabilità che richiede l’insegnamento e nell’aumento dell’impegno che ogni professore deve garantire da quando li si obbliga a impartire lezioni relative a due specializzazioni.

Gli organi di stampa ufficiali non approfondiscono adeguatamente il problema, segnalando solamente che nelle aule mancano circa 13.000 educatori, sostituiti con personale senza preparazione pedagogica, subito battezzati dall’ironia popolare “maestri istantanei”.
Ma il governo dovrebbe considerare con più attenzione il fenomeno, visto che l’educazione a Cuba è una delle bandiere che con orgoglio si può sventolare a conferma delle conquiste sociali della rivoluzione cubana.

Bisogna comprendere perché dagli anni ’90 ogni anno migliaia di maestri abbandonano le aule, causando un aumento di alunni per classe e l’utilizzo di mezzi audiovisivi, che loro stessi devono vigilare durante la notte con turni di guardia volontari.
Ricordare che è uno dei pochi settori professionali che non permette altre entrate economiche oltre al salario statale, che non riceve regalie come i medici, che i professori non possono “arrangiarsi” come gli operai e, mentre sono attivi, non possono offrire ufficialmente lezioni private.

Il loro salario mensile è di 25 CUC, con i quali devono mangiare per  un mese, comprare abiti e prodotti per l’igiene personale necessari per “mantenere” un buon aspetto, quando un paio di scarpe di cattiva qualità possono costare la metà del loro stipendio.
E’ ovvio che una professione retribuita così miseramente non sia il sogno principale dei giovani cubani, per quanto possano esserne appassionati. Il magistero dovrebbe guadagnare dignità e per poterlo fare dovrebbe essere retribuito più adeguatamente.

A Cuba l’educazione è un investimento tangibile, che si può comprovare quotidianamente nell’economia nazionale considerando la vendita di servizi  professionali all’estero che producono una delle maggiori fonti di ricchezza per il paese.
Il paese oggi non potrebbe sopravvivere nemmeno un giorno se non si fosse investito in una campagna massiva di alfabetizzazione, nel formare migliaia di medici, più di un milione di professionisti universitari e decine di centri di ricerca con moderne tecnologie.

La peculiarità dell’educazione gratuita cubana, la sua massificazione, il diritto universale allo studio a prescindere dalle condizioni economiche e sociali è motivo di orgoglio morale e potere economico indiscutibile.
I problemi odierni dell’educazione si ripercuoteranno a lungo termine su tutta l’economia del paese. Dopo 20 anni di crisi continuare a ripetere gli stessi errori ignorando le semplici cause che li generano ed evitare di prendere decisioni risolutive è da irresponsabili.

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