23 settembre 2012

Cuba e Italia: stralci della deposizione di Lisandra e dettagli della sua fuga


L'agghiacciante deposizione di Lisandra ai carabinieri e i dettagli della sua fuga da Lignano, raccolte da diversi quotidiani del Veneto.

C'è lui, Tyson, che il giorno prima di rapinare e uccidere con ferocia si mette a piangere davanti alla sorella «per i suoi grossi problemi economici»; c'è lei, Lisandra, che dopo aver ceduto alle insistenze del fratello si trasforma in un'assassina, capace di menare fendenti e tagliare gole, fredda e spietata come la Nikita di Luc Besson; ci sono quelle sei sigarette fumate nervosamente sotto le palme della villa prima dell'aggressione; e poi i passamontagna, i guanti neri, i coltelli portati da casa e, terminato il massacro, la fuga «sul bagnasciuga di Lignano, senza scarpe». Infine il taxi fino a Latisana «a guardare gli orari dei treni». 


Le otto pagine del verbale d'interrogatorio di Lisandra Aguila Rico, la ventunenne cubana arrestata per il delitto di Paolo Burgato e Rosetta Sostero, uccisi nella notte del 19 agosto a Lignano Sabbiadoro, sono il racconto di un progetto folle e di un delitto sanguinario che ha fatto di due giovani incensurati, Lisandra e Reiver «Tyson» Rico, due brutali assassini. 


«Reiver sapeva dei soldi» 
Lisandra parte da quell'idea fissa del fratello. «Mentre ero a Salerno (dove lavoravo al night Sharon) ho sentito più volte al telefono Reiver che mi diceva di voler commettere la rapina... Aveva problemi economici e continuava ad avere questo obiettivo da mesi... Conoscevamo i Burgato da tre anni, da quando siamo arrivati in Italia. Io andavo al loro negozio a fare acquisti e li vedevo tutti i giorni nella gelateria di mia madre dove ho lavorato anch'io». La cubana arriva a Lignano due giorni prima della rapina. «Volevo fargli cambiare idea ma lui era deciso e si è messo anche a piangere parlandomi dei suoi problemi economici e della figlia che doveva nascere. Ha aggiunto che se non l'avessi aiutato la rapina l'avrebbe fatta lui da solo. A quel punto ho ceduto... Lui aveva già le idee molto chiare, aveva scelto la villa dei Burgato a aveva preso gli abiti che avremmo dovuto indossare: i leggings neri, due felpe blu scuro, due passamontagna, due coltelli, uno piccolo e uno grande, due paia di guanti da motociclista... una corda che però io, prima del fatto, non avevo visto. Un coltello era a scatto con una lama di otto centimetri mentre l'altro era da cucina, 25 centimetri. Uno lo aveva preso dalla sua abitazione, l'altro ce l'aveva da sempre». Perché proprio i Burgato? «Mio fratello era convinto che avessero dei contanti e oggetti di valore in casa». 

«Non voleva parlare» 
La sera prima, un sopralluogo. Il giorno dopo, scatta il piano. «Reiver è venuto a chiamarmi verso le 21.30 dicendomi che dovevamo a fare la rapina. Era presto, siamo andati a comprare le Marlboro light. Abbiamo fatto dei giri a piedi nei dintorni. Verso le 22.30 abbiamo scavalcato, ci siamo nascosti sotto le palme del giardino e abbiamo messo i leggings. Durante l'attesa, accovacciati, ci siamo fumati almeno tre o quattro sigarette a testa, lui forse cinque». I Burgato sono dunque arrivati in bicicletta e sono entrati dal cancello scendendo la rampa verso il garage. «Io ho preso la signora da dietro bloccandola alla gola con il braccio sinistro, mio fratello ha bloccato lui... Siamo entrati tutti e quattro nel bagno, la prima stanza che abbiamo visto aperta. Mio fratello ha iniziato a dire: "Dove sono i soldi? Dove avete la roba? Dove avete l'oro?"... La signora voleva che il marito parlasse ma Burgato non diceva nulla. A quel punto mio fratello lo ha messo a terra, legandolo, e poi si è occupato della signora... io ho preso la sua borsetta, ho trovato del denaro e l'ho dato a mio fratello. Sono poi salita al piano superiore a rovistare dappertutto... ho mosso i quadri cercando la cassaforte ma niente, ho portato via solo una catenina e degli orecchini...». 

«Non potevamo andar via così» 
«... Sono tornata da mio fratello, gli ho sussurrato all'orecchio che non avevo trovato nulla e l'ho invitato ad andare via. Lui è diventato molto nervoso. Ha iniziato a chiedere più volte la cassaforte e i soldi e in quel momento il signor Burgato ha riconosciuto la sua voce chiamandolo più volte "Rei". Reiver ha iniziato a picchiarlo violentemente, tant'è che io sentivo i colpi sordi e forti... Entrambi avevamo capito che non potevamo andar via così... Ho recuperato il coltello grande e ho aggredito Burgato». Finito il massacro, si sono tolti leggings, guanti e passamontagna, li hanno infilati in uno zainetto e si sono diretti alla spiaggia. «Abbiamo percorso il bagnasciuga togliendoci le scarpe. Arrivati a casa ci siamo lavati. Poi abbiamo preso un taxi per Latisana. Dovevamo vedere gli orari dei treni del giorno dopo. E siamo tornati a Lignano per andare a dormire... Io dalle mie amiche Zoraida e Claudia Ximena, che mi hanno aperto la porta». Lisandra sembrava normale, dicono Zoraida e Ximena. Come se fosse stata in discoteca. 

Subito dopo il duplice omicidio di Lignano Sabbiadoro, Lisandra avrebbe raggiunto la provincia di Salerno, in Campania, e si sarebbe stabilita nel comune di Pontecagnano Faiano, ospite di una cugina. 


Quest'ultima, anche lei cubana, risiedeva nel paese campano da circa un anno, come molti altri suoi connazionali impegnati in attività di banconieri-baristi, insegnanti di danza "salsa" e "merengue" e addetti nei saloni da parrucchiere. Si stima che in quella zona la comunità cubana tocchi i mille membri, un gruppo bene integrato nel tessuto sociale e completamente fuori dal mondo del racket della prostituzione. 


All'arrivo di Lisandra, in città, qualcuno ha riferito di averla vista con un uomo. I residenti di Magazzeno, frazione di Pontecagnano nella quale Lisandra aveva trovato ospitalità, raccontano di avere saputo che la ragazza era arrivata insieme al fratello. Sarebbe stato lui ad accompagnarla nel Salernitano, per lasciarla poi con la cugina e rientrare a Cuba. In poco meno di un mese la giovane si era bene inserita nel contesto notturno della Litoranea, la lunga strada fronte mare che unisce Salerno al sud della provincia, per arrivare fino a Capaccio-Paestum, una via costellata di locali di ogni genere: dalla discoteca al night club, ai ristoranti. 

Pare che qui Lisandra svolgesse una vita apparentemente normale, grazie al supporto della comunità cubana che da anni vive a Pontecagnano. Una comunità sulla quale si sono concentrate subito le indagini degli inquirenti friulani. L'obiettivo? Capire chi abbia provato a "coprire" la giovane. Si cercano in particolare, quindi, le persone che abbiano in qualche modo potuto favorire la sua fuga. Qualcuno che, oltre alla cugina, avrebbe potuto sapere quanto accaduto. Quella cubana di Pontecagnano è comunità che diventa una famiglia, pronta ad accogliere i propri figli, a inserirli nel mondo del lavoro e sostenerli economicamente al loro arrivo. 

È qui che i carabinieri di Udine sono giunti nel cuore della notte, in una villetta sulla Litoranea. Il rumore dei motori delle loro automobili non è passato inosservato in viale dei Platani, una piccola strada privata, senza uscita, in una zona chiamata "Belvedere", quasi una terrazza vista mare. Quando gli investigatori hanno fatto irruzione in casa, la giovane ha tentato un'inutile fuga. La cugina, nel frattempo, avrebbe provato a convincere i militari dell'Arma che Lisandra non era lì. Da qualche settimana la ventunenne lavorava in un chiacchierato night club della zona, un locale già sequestrato e chiuso in passato.

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