05 luglio 2012

Vivere a Cuba: "las mulas" cubana


Un misterioso e utilissimo “mestiere” si sta sviluppando a Cuba: “la mula”.
Il significato comune di questo termine è riferito a quelle persone che trasportano droga attraverso le frontiere, generalmente da paesi sudamericani come il Messico o la Colombia verso gli USA, ma a Cuba indica chi trasporta quelle merci introvabili sul’isola e che vengono poi rivendute nei negozi privati delle città cubane.

Questa probabilmente è l’anomalia più evidente delle licenze concesse dal governo per quelle attività in proprio, che da circa un anno e mezzo, sono una realtà ormai affermata.
Alla fine di Maggio 2012 erano 387.275 i lavoratori in proprio, la maggior parte dei quali gestiscono piccoli negozi di abbigliamento e accessori, parrucchieri ed estetica, ristoranti e bed  & breakfast, o più semplicemente vendono direttamente sulla strada computer, cellulari, hard disk e chiavi USB.
L’anomalia consiste nel fatto che a Cuba non esistono mercati all’ingrosso per rifornire questi esercizi commerciali.
Anzi è illegale importare merce con scopo commerciale sull’isola.
I prodotti necessari per svolgere queste attività devono essere acquistati, nei rari casi in cui si possono trovare, nei supermercati statali, con il conseguente prezzo elevato e scarsa qualità.

Ecco quindi che pantaloni, magliette, scarpe, ma anche creme e sciampo, per non parlare di alcuni generi alimentari come spezie o caffè vengono introdotti “illegalmente” da paesi vicini: USA primo fra tutti, ma anche Venezuela, Repubblica Dominicana, Messico e altri paesi del Sudamerica.
Prolifera così la nuova professione di “mula”.
Singoli individui che viaggiano all’estero, potendolo fare perché possiedono un permesso di soggiorno in quei paesi o un passaporto estero, e portano a Cuba i rifornimenti per le più svariate “attività in proprio”.

L’approvvigionamento di questi generi è ulteriormente penalizzato dall’entrata in vigore lo scorso 18 Giugno di nuove tasse doganali per i beni di uso personale importati a Cuba.
Non solo, dal prossimo 3 Settembre una nuova risoluzione aggraverà maggiormente l’importazione di svariati articoli personali senza scopo commerciale sull’isola.
Il valore massimo di questa merce non dovrà superare i $50,99, in caso contrario per ogni kilogrammo extra si dovranno pagare 10 pesos cubani (CUP) per i cittadini cubani o i residenti permanenti, e 10 pesos convertibili (CUC) per chi risiede all’estero.
Inoltre anche i cittadini cubani che ricevono pacchi dall’estero superiori ai 3 Kg e di un valore maggiore ai 200 CUP dovranno pagare una tariffa del 100% del valore della merce importata.
Gli unici articoli esenti da questa regolamentazione sono i medicinali.

Si prevede così un duro colpo per “las mulas” che vedranno la loro attività gravemente penalizzata.
Di conseguenza le attività in proprio che trattano merce introvabile a Cuba non solo subiranno un danno elevato, ma in alcuni casi l’aumento del costo degli articoli offerti renderanno ulteriormente difficile per il cittadino comune comperarsi un paio di scarpe o di jeans.

Lo sviluppo del settore privato per il momento continua ad essere una mera illusione.
E’ davvero incomprensibile a paradossale che da una parte il governo permetta e promuova attività commerciali private, e dall’altra pretenda mantenere un controllo sulle merci importate.
L’unica ovvia alternativa potrebbe essere la creazione di mercati all’ingrosso dove poter acquistare legalmente quelle merci estere che vengono vendute a Cuba.
Oltre a spingere lo sviluppo di una economia interna sarebbe una importante fonte di guadagno per le casse dello Stato e l’inizio di rapporti commerciali con paesi vicini che metterebbe in difficoltà il prepotente embargo che gli USA continuano a sostenere nei confronti di Cuba.

Nessun commento: